Acqua e Carbonio per il nostro futuro 2/2

 

 
 

 


Dal 1750 ad oggi abbiamo immesso nell’atmosfera oltre 1000 miliardi di tonnellate di CO2 (1 gigatone), se anche cessassero tutte le attività che liberano CO2, quella già liberata è più che sufficiente per alimentare i processi dei cambiamenti climatici nei prossimi decenni. La produzione di energia da fonti rinnovabili non ha alcun effetto sulla riduzione di CO2, il nostro obbiettivo dovrà essere quello di perseguire scelte che portino ad una effettiva riduzione della CO2 presente in atmosfera (… [1] [2] [3] ).

Per invertire la tendenza dei fenomeni che dilapidano le risorse naturali e la redditività delle aziende agricole, l’Agricoltura Organica e Rigenerativa (… [1] [2] [3] [4] ) basa il proprio lavoro sulla rigenerazione del suolo e sulla corretta nutrizione delle piante, incrociando le buone pratiche con le moderne conoscenze scientifiche. Migliorare il terreno significa anche aumentarne la sua capacità di assorbire CO2 è una strada percorribile e può essere un contributo per mitigare i cambiamenti climatici, per fare ciò abbiamo a disposizione strumenti estremamente efficienti quali la fotosintesi clorofilliana ed i microrganismi del terreno ma dobbiamo imboccare la via della rigenerazione del suolo.

Obbiettivi:

·        Minima lavorazione del suolo

·        Nessun utilizzo di prodotti di sintesi come concimi e pesticidi

·        Tecniche che favoriscono la biodiversità

·        Ampliare le varietà coltivate

·        Utilizzo dell’allevamento per migliorare i terreni

·        Autoproduzione dei semi

·        Favorire la crescita di aree arboree nel territorio coltivato

 

Iniziamo con un esempio reale: siamo in North Dakota al Brown’s Ranch di Gabe Brown.

Nel 1991 acquista del terreno che coltiva in modo tradizionale (aratura, monocoltura, fertilizzanti e trattamenti chimici), nel 1995, la grandine distrugge l’intero raccolto, la cosa si ripete l’anno successivo, nel 1997 la siccità emula gli effetti della grandine, nel 1998 va un po’ meglio perdendo solo i 4/5 del raccolto. Praticamente 4 anni senza entrate l’avevano messo in ginocchio, era ad un passo dal vendere tutto per coprire i debiti.

 

 

Decise di non arrendersi, ma comprese che doveva cambiare il modo di coltivare la terra, la strada percorsa sino a quel momento aveva dato risultati disastrosi, niente raccolti, costi elevati delle lavorazioni, dei fertilizzanti e dei trattamenti chimici… doveva esserci un altro modo di coltivare!

 

 

 

 

Iniziò col cercare di capire come funziona l’ecosistema suolo,  ecosistema che in condizioni naturali funziona benissimo senza aratura, concimi e pesticidi. Una delle prime scelte fu quella d’iniziare a seminare senza arare; la semina su sodo (… img ) - detta anche semina diretta, NoTill, sodo seeding - è un sistema di coltivazione che si basa sull’assenza di qualsiasi tipo di lavorazione meccanica del terreno.

 

 

 

 

 

 

 

 

La semina diretta su terreno sfalciato può sfruttare un più alto grado di umidità derivante dalla copertura offerta dai residui erbacei (… img ). La copertura dei residui e gli apparati radicali proteggono il terreno dall’essicazione, dal dilavamento e dal vento in poche parole evitano che il terreno possa incorrere nell’erosione. La pioggia, anche abbondante, viene raccolta dal terreno, mentre sul suolo arato si trasforma in ruscelli che asportano semi e terreno. Il terreno non arato conserva più acqua, resiste all’inaridimento favorendo la crescita dei microrganismi, che a loro volta aiutano le piante nel mantenere la copertura, inoltre una maggiore traspirazione favorisce il microclima locale e una maggiore piovosità. Questo è il circolo virtuoso dell’agricoltura rigenerativa. Ridurre l’aratura e cercare di mantenere una costante copertura vegetale è la base per migliorare il suolo.

 

 

 

 

 

CapacitaAcquaIl miglioramento del suolo coincide con l’aumento della materia organica la conseguenza è una maggiore capacità di accumulare acqua e carbonio sottraendola dall’atmosfera.

 

L’eliminazione della monocoltura è una delle scelte fatte da Gabe, ha destinato vari terreni al pascolo, terreni la cui copertura vegetale è data da un miscuglio di erbe per favorire la biodiversità. Gli animali al pascolo, si nutrono di queste erbe e partecipano al ciclo di rigenerazione del suolo. Vi è una particolare attenzione alla sostenibilità in modo che ci sia equilibrio fra superficie e animali al pascolo; questi animali con il loro nutrirsi, calpestio e rilascio delle feci contribuiscono alla rigenerazione del suolo, sono parte del ciclo del carbonio e dell’acqua.

 

Oggi la gran parte delle attività agricole hanno come obbiettivo principale quello di produrre alimenti per ingrassare animali posti in allevamenti intensivi. Sfruttamento del terreno e allevamenti intensivi producono notevoli quantità di gas serra, mentre un equivalente pascolo libero produrrebbe un accumulo di carbonio. In molte aree del mondo lo sfruttamento del terreno per allevare animali, sta favorendo processi di desertificazione, il pascolo sostenibile è in grado di invertire tali processi.

 

 

 

 

 

In Zimbabwe Allan Savory ha realizzato una dimostrazione tangibile di come il pascolo programmato e sostenibile possa effettivamente migliorare il terreno e contrastare la desertificazione. Un’area di 2500 ettari fortemente degradati sono stati gestiti tramite il pascolo pianificato dei bovini, dopo 9 anni l’area è ricoperta da erba e arbusti, i bovini con il loro sterco, gli zoccoli e l’urina hanno favorito la ricrescita dell’erba; il bestiame non rimane mai su di un ettaro per più di tre giorni e non vi fa ritorno prima di 6-9 mesi, si evita lo sfruttamento del terreno e lo si arricchisce di fertilizzanti naturali, ed il calpestio favorisce la ricrescita di giovani piantine.

La gran parte delle terre a rischio desertificazione sono caratterizzate da scarsità di piogge che limitano la presenza di alberi, l’unica possibilità per avere una copertura del suolo è data dall’erba, l’esperimento di Savory ci dice che è possibile rigenerare questi terreni e renderli di nuovo produttivi e sostenibili.

 

Altro esempio è dato dall’azienda californiana Markegard di 3200 ettari ( Bay Area di San Francisco), che adotta un’attenta pianificazione dei pascoli affinché il suolo non venga degradato dal pascolo.

“Il nostro ranch non utilizza pesticidi e fertilizzanti chimici, i nostri animali non vengono mai nutriti con cereali o somministrati ormoni sintetici o antibiotici. I bovini non vengono messi in recinti per l’ingrasso e non si fa uso di prodotti contenenti OGM. La nostra filosofia nel pascolo è quella di gestire la mandria di bestiame per simulare le grandi mandrie di alci e antilopi che un tempo vagavano per le praterie della California. Realizziamo questo mantenendo la mandria in movimento con il pascolo pianificato olistico, in modo da non sovraccaricare un'area, ma per stimolare la crescita e la salute dei terreni erbosi attraverso un pascolo adeguatamente programmato. “

 

Le aree di pascolo sono suddivise in recinti su cui viene applicata una costante rotazione, il loro utilizzo è legato ad un preciso calendario che indica dove, quando e quanto tempo una mandria può rimanere a pascolare in un determinato recinto. L’attività degli animali al pascolo trasforma l’erba di cui si nutrono in fertilizzante ricco di batteri che a sua volta favorisce l’inerbimento e lo sviluppo degli organismi nel terreno con una costante crescita dell’humus. Questo modo di coltivare il terreno non solo lo preserva dal degrado ma favorisce un intero ecosistema che accresce la biodiversità formata da micro e macro fauna che vive grazie ad un terreno ricco di vita.

Negli USA il 70% dei terreni coltivati hanno come unici prodotti mais, soia e foraggio utilizzati per alimentare animali, pur avendo costi di produzione elevati risultano essere economicamente vantaggiosi grazie a sovvenzioni con fondi pubblici che garantiscono dei prezzi minimi per le singole colture. In questo modo i contribuenti sovvenzionano gli agricoltori per produrre alimenti da destinare all’ingrasso degli animali, in un circuito che produce notevoli quantità di gas serra.

Il risultato è un’agricoltura industriale dove non c’è legame fra coltivatore, allevatore e consumatore e la conseguenza è inquinamento e degrado del terreno. Senza sovvenzioni la gran parte degli agricoltori finirebbe in rovina, oggi un agricoltore ricava meno di 10 dollari per ettaro (1 Ha = 2,47 Acro), mentre Gabe Brown supera i 200 dollari per ettaro grazie all’allevamento e alla diversificazione delle colture che ne hanno ridotto notevolmente i rischi rispetto ad una agricoltura a monocoltura. Gabe ha realizzato un’agricoltura resiliente.

Un aiuto alla rigenerazione del terreno può essere data dalla preparazione e utilizzo del Compost. Prendiamo l’esempio di una città come San Francisco (California – USA) che nel 1996 diede vita ad un progetto che aveva come obbiettivo la riduzione dei rifiuti ed il recupero di tutti i materiali compostabili arrivando, attualmente, a raccoglierne fino a 700 tonnellate al giorno. San Francisco raccoglie oltre 250.000 tonnellate all'anno di materiale compostabile (50% di scarti alimentari, 50% altri materiali vegetali) convertite in circa 350 tonnellate di compost maturo al giorno. Tale processo evita di produrre più di 93.000 tonnellate di CO2 equivalente/anno. Il compostaggio offre una vasta gamma di benefici economici e ambientali, tra cui il miglioramento della salute del suolo, il riciclaggio dei nutrienti, la mitigazione della siccità, il sequestro del carbonio e i lavori verdi. Il compostaggio aiuta a mantenere in salute suolo, ed aiuta negli sforzi per affrontare i cambiamenti climatici. Il compost viene utilizzato in varie aziende agricole e contribuisce a risparmiare enormi quantità di acqua. Studi negli Stati Uniti e in Europa dimostrano che è possibile coltivare il 31% in più di cibo negli anni di siccità se si coltiva naturalmente con compost rispetto all'agricoltura con fertilizzanti sintetici o chimici. Il compost è solo una delle tante soluzioni che permette di migliorare il suolo aumentandone la capacità di conservare acqua e accumulare carbonio.

Ad oggi si calcola che solo il 5% delle aziende agricole americane pratica una agricoltura attenta alla salute del suolo mettendo in atto tecniche che provochino il minimo disturbo meccanico, aumentino la biodiversità, mantenimento della copertura vegetale, uso degli animali, eliminazione di fertilizzanti di sintesi e trattamenti chimici; sono tecniche applicabili ovunque si faccia agricoltura.

L’altopiano del Loess o Yellow Earth Plateau, fra Cina e Mongolia, occupa un estensione di oltre 600.000 kmq, fu la culla della civiltà cinese: il territorio è particolarmente fragile in quanto costituito in gran parte da sedimenti trasportati dal vento. E’ un terreno estremamente friabile e soggetto ad erosione per cui la copertura vegetale è fondamentale per la sua stabilità. L’elevata fertilità favorì lo sviluppo della popolazione cinese ma al tempo stesso portò ad un forte sfruttamento del territorio, agricoltura, pastorizia e disboscamento, specie nelle aree collinari innescarono processi irreversibili di erosione e di desertificazione:

Nel 1994 venne avviato il Loess Plateau Watershed Rehabilitation Project, che coinvolse un’area di 35.000 kmq. Il progetto ha portato ad un cambiamento delle pratiche agricole e di pastorizia incoraggiando tutte quelle che favorivano la rigenerazione naturale delle praterie, delle coperture arboree e arbustive sui terreni, come ad esempio l’uso dei terrazzamenti. Il progetto ha permesso di rigenerare il terreno su almeno 26.000 kmq con ricadute economiche su gran parte della popolazione locale.

Queste realtà sono la dimostrazione che terreni degradati, erosi, che si stanno desertificando possono invertire il loro corso purché si adottino tecniche di miglioramento del suolo, nella gran parte dei casi è sufficiente sfruttare i mezzi che la natura utilizza da sempre.

Un esempio ce lo offre il parco di Yellowstone (USA) è il più antico del mondo, fu istituito nel 1872 su un area di oltre 8.000 kmq. La presenza di lupi era vista come una minaccia sia per il bestiame dei coloni che per i grandi erbivori (alci, cervi, ecc.) che popolavano il parco. A tutti faceva sembrare logico eliminarli. Ebbe inizio una caccia al lupo, l’intenzione era di eliminarlo completamente, obbiettivo raggiunto intorno al 1924. Senza lupi ci fu un graduale aumento delle popolazioni di alci e cervi al punto da provocare la deforestazione in diverse aree prospicenti i fiumi, in quanto particolarmente attratte dai giovani salici e pioppi. Pioppi e salici sono fondamentali per i castori, in quanto utilizzati anche per la costruzione di dighe lungo i corsi dei fiumi. La mancanza di paludi poco profonde create dalle dighe dei castori ha anche ridotto la qualità degli habitat per uccelli, anfibi e altri animali.

Man mano che la copertura vegetale si riduceva, causa l’elevato numero di erbivori, aumentavano i terreni scoperti e ciò facilitò l’erosione e le frane, determinando la modifica delle aree fluviali con una notevole riduzione delle aree umide (graduale scomparsa dei castori), portando ad un ulteriore degrado dei corsi dei fiumi anche a causa dell’aumentata velocità dell’acqua.

Nel 1995, il Congresso ha autorizzato la reintroduzione dei lupi grigi provenienti dal Canada, da quel momento i grandi erbivori iniziarono ad evitare soprattutto quei luoghi, come le valli e le gole, dove potevano essere intrappolati più facilmente. Queste aree, per lo più degradate per la scarsa presenza di arbusti e alberi hanno iniziato a rigenerarsi; vallate ridotte a suolo nudo si sono trasformate, in poco più di sei anni, si sono riformate foreste di pioppi e salici sui quali sono tornati a riprodursi gli uccelli. La ricrescita degli alberi contribuì a stabilizzare i terreni riducendo erosione e frane, favorì un lento ritorno dei castori, e con essi aumentò la presenza di lontre, topi muschiati anatre, pesci, rettili e anfibi. (… [1] [2] )

 

Acqua e carbonio per il nostro futuro

Claudio Cerioni ott. 2021

la fonte principale è il documentario “Kiss the ground”